Una maschera contiene sempre un'altra maschera che, a sua volta, ne contiene altre. Sono stratificate e, alcune consapevoli, altre no, forse eredità genetiche, persino lontane nel tempo. Capita spesso che ciò che vorremmo far vedere di noi , riveli proprio ciò che cerchiamo nascondere. Come negli scritti e in ogni opera della nostra mente,
"Saper guardare" presuppone una certa "malandrina" complicità con l'interlocutore. Infatti si può percepire solo ciò che in parte si è conosciuto, provato, sentito.
L'esperienza, che tutti vantano e celebrano, in fondo non è che una perdita più che un acquisto, come l'invecchiamento. Perchè più si prova e conosce, più crescono i rottami ed i rifiuti nel solaio della nostra mente o nelle cantine della memoria. Uno strato, s'aggiunge, sedimentazioni che impediscono di "veder lontano" in quella continuità storica e simbolica che è lo spirito, qualunque sia la concezione ideologica di ognuno, senza proiettarsi nel campo della metafisica.
Portiamo in giro le nostre maschere. Le facciamo comunicare e la comunicazione ci sfugge perchè, nell'apparente uguaglianza, ognuna è diversa (nasconde strati e substrati).
Nell'amore graffiamo, ci strappiamo , nei casi più appassionati qualcuno di questi strati e la maschera sanguina, lo spirito liberandosi in parte dalla prigionia, si espande con impeto, fino a confondere la ragione (troppo abituata dalla "prudenza" sociale alla calma) perché, costretti dalle ferite a guardare in noi e nell'essere che ci ha "manipolati", troviamo qualcosa di più profondo e comune, meno falso e insensibile che, tuttavia, ci spaventa. Il ritorno alla normalità e alla ristrutturazione ipocrita della maschera spesso è conseguente. Ci penserà la società a volgarizzarla, nel suo teatro dell'assurdo a far finta non sia successo niente, a "codificare", esprimere,"catalogare" la cosa, con la retorica dei sentimenti, la "superficialità" che puoi trovare ovunque.La banalità del quotidiano e lo sgangherato copione, aggiungerà maschere alle maschere e dolore al dolore , rancore al rancore.
L'esperienza, che tutti vantano e celebrano, in fondo non è che una perdita più che un acquisto, come l'invecchiamento. Perchè più si prova e conosce, più crescono i rottami ed i rifiuti nel solaio della nostra mente o nelle cantine della memoria. Uno strato, s'aggiunge, sedimentazioni che impediscono di "veder lontano" in quella continuità storica e simbolica che è lo spirito, qualunque sia la concezione ideologica di ognuno, senza proiettarsi nel campo della metafisica.
Portiamo in giro le nostre maschere. Le facciamo comunicare e la comunicazione ci sfugge perchè, nell'apparente uguaglianza, ognuna è diversa (nasconde strati e substrati).
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